ANTONIO LAVARELLO: GENOVA RICOSTRUITA
Tra gli anni ’50 e gli anni ’80 del secolo scorso Genova è investita da significative trasformazioni urbane, dagli interventi di demolizione e ricostruzione di ampie porzioni della città antica – via Madre di Dio, Piccapietra – alla costruzione di grandi quartieri residenziali sulle aree collinari periurbane.
Le generazioni di progettisti genovesi formatesi nel dopoguerra, da Marco Dasso ad Aldo Luigi Rizzo, da Cesare Fera a Piero Gambacciani, si sono così trovate a dare un nuovo volto alla città; un certo isolamento dal dibattito disciplinare italiano ha favorito sorprendenti legami con la scena internazionale, mentre il difficile compito di interpretare alla scala architettonica interventi urbani spesso drammatici ha lasciato emergere interessanti dimostrazioni di talento e originalità.
Uno sguardo su una Genova insolita, lontana dall'intrico dei suoi carruggi e alternativa ai palazzi dei Rolli: “Genova, città e architettura nel ‘900” è il titolo di un ciclo di conferenze che la Fondazione dell’Ordine degli Architetti dedica ai principali contributi architettonici e alle trasformazioni urbanistiche del secolo scorso.
Genova è conosciuta e studiata per il suo centro storico medievale, per le strade aristocratiche del Siglo de Oro e per la sua straordinaria espansione ottocentesca, mentre è meno nota la vicenda della sua trasformazione più recente. Nell’epoca dell’industria, infatti, le trasformazioni produttive e tecnologiche hanno mutato progressivamente, ma in maniera radicale, il linguaggio dell’architettura; una rottura, quella operata dal Moderno rispetto al repertorio classico-accademico familiare anche ai non addetti ai lavori, talmente netta dall’aver provocato, in molti, un senso di rigetto.
Proprio per rendere questa trasformazione più comprensibile, la Fondazione ha chiesto a sei diversi architetti di raccontare l’evoluzione vissuta dalla città nel corso del Novecento, indagandone i processi formativi e le nuove modalità espressive, in modo da far meglio conoscere Genova ai suoi stessi abitanti.
FRANCESCO ROSADINI: GENOVA RAZIONALISTA
"Lungo tutta la sua carriera, a cavallo tra primo e secondo dopoguerra, Daneri è stato portabandiera di un’architettura ispirata da un’adesione senza compromessi ai contenuti ed al linguaggio del Movimento Moderno. Per la città di Genova ha concepito e realizzato edifici e quartieri dal valore di fondamentali prototipi urbani: queste vere e proprie “idee di città” saranno presentate sia nella loro storia che attraverso la lettura del vocabolario espressivo dell’autore."
Uno sguardo su una Genova insolita, lontana dall'intrico dei suoi carruggi e alternativa ai palazzi dei Rolli: “Genova, città e architettura nel ‘900” è il titolo di un ciclo di conferenze che la Fondazione dell’Ordine degli Architetti dedica ai principali contributi architettonici e alle trasformazioni urbanistiche del secolo scorso.
Genova è conosciuta e studiata per il suo centro storico medievale, per le strade aristocratiche del Siglo de Oro e per la sua straordinaria espansione ottocentesca, mentre è meno nota la vicenda della sua trasformazione più recente. Nell'epoca dell’industria, infatti, le trasformazioni produttive e tecnologiche hanno mutato progressivamente, ma in maniera radicale, il linguaggio dell’architettura; una rottura, quella operata dal Moderno rispetto al repertorio classico-accademico familiare anche ai non addetti ai lavori, talmente netta dall'aver provocato, in molti, un senso di rigetto.
Proprio per rendere questa trasformazione più comprensibile, la Fondazione ha chiesto a sei diversi architetti di raccontare l’evoluzione vissuta dalla città nel corso del Novecento, indagandone i processi formativi e le nuove modalità espressive, in modo da far meglio conoscere Genova ai suoi stessi abitanti.
Architettura e fotografia - Aldo Amoretti
"Per me la tecnica è solo il mezzo per trasformare le mie sensazioni in fotografie. Ogni volta inizio studiando il progetto, leggendo testi e possibilmente incontrando l'architetto: così raccolgo le informazioni razionali, ma quando sono davanti all'edificio la concentrazione mi aiuta a capire ciò che non è misurabile o definito. Ogni costruzione può raccontare una storia: per sè stessa,
per il contesto, per la storia, per chi ci vive o altro ancora; e talvolta riesco a oltrepassare la struttura fisica per entrare nello spazio reale dell'architettura: lo spazio metafisico.
Quando andai in Norvegia per fotografare il Museo della Miniera di Zinco, di Peter Zumthor, scelsi di andare in inverno, stando quattro giorni nei boschi, per percepire a fondo la storia e le estreme condizioni geografiche di quella remota miniera. Le successive scelte tecniche — luce, colore inquadrature — furono i mezzi per esprimere quello che avevo appreso."
Aldo Amoretti, sanremese, laureato in architettura a Milano nel '92, ha lavorato come architetto fino al 2005, con Marco Calvi, ottenendo numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali per l'ampliamento del cimitero di Santo Stefano e del cimitero Armea di Sanremo. Tra i premi ricevuti per il lavoro di architetto ricordiamo AR+D Emerging Architecture Award nel 2006 e nel 2003, il Prix PAI nel 2006, l'Archdaily Building of the year 2006 e il Premio L. Cosenza nel 1996, 2002 e 2004. Nel 2005 inizia a lavorare come fotografo free-lance. Le sue fotografie sono state pubblicate dalle più importanti riviste come The Architectural Review, Detail, Abitare.
Il suo lavoro è stato esposto alla Biennale di Venezia, alla Galerie d’Architecture a Parigi, al Bund Deutscher Architekten BDA a Stoccarda. Ha collaborato con diversi studi di architettura
quali, fra gli altri, Peter Zumthor, BIG, Snøhetta, Dorte Mandrup, Josep Lluis Mateo, Auer Weber.
Nel 2017 ha vinto il premio internazionale Architizer a+Award per le fotografie del Museo della Miniera di Zinco a Sauda in Norvegia, progettato da Peter Zumthor. Lavora tra Sanremo e Barcellona.
Architettura e fotografia - Duccio Malagamba
Architettura e fotografia Il reportage fotografico di un’opera architettonica è un racconto personale e irripetibile, legato ad un momento effimero, alle specifiche e mutevoli condizioni della vita, della luce e del contesto. Il racconto di un’architettura calata nel mondo reale, fatto di pozzanghere e fili elettrici, di passanti e di nuvole e di tutti i contrasti del presente, è determinato dagli interessi
del fotografo, dalla relazione che stabilisce con il progetto, dal modo in cui concepisce la sua professione ed il suo ruolo.
La fotografia di architettura non trasmette informazioni oggettive: suggerisce, accentua e sottolinea.
Duccio Malagamba vive a Barcellona; ha collaborato stabilmente con grandi studi internazionali (Alvaro Siza, Rafael Moneo, Herzog & De Meuron, EMBT, Coop Himmelb(l)au…); i suoi scatti
compaiono ormai a migliaia su monografie, pubblicazioni e riviste internazionali.
Architettura e fotografia - Roberto Collovà
Roberto Collovà è architetto e fotografo; ha lavorato a lungo con Alvaro Siza, con lui coincaricato per i progetti del centro storico di Salemi e degli Impianti sportivi della Bandita a Palermo.
I suoi scatti sono stati esposti alla Biennale di Venezia, all'Accademia di Francia, alla Triennale di Milano, al MART di Rovereto.
Ha insegnato alla Facoltà di Architettura di Palermo e all'Accademia di Architettura di Mendrisio.
Ivo Saglietti inizia ad occuparsi di fotografia nel 1975 in Francia, nelle piazze della contestazione. Reporter per le massime agenzie e magazines internazionali (Der Spiegel,The New York Times, Newsweek,...) ha documentato situazioni di crisi e di conflitto
in America Latina, Africa, Balcani e Medio Oriente. Nel 1992 conquista il World Press Photo con un servizio su un’epidemia in Perù.
Il linguaggio della fotografia e gli occhi dell’architetto narrano il quartiere della Quinta da Malagueira del Pritzker Prize portoghese; dalla costruzione di muri, tetti e infrastrutture alla lenta appropriazione della vita, che implacabilmente ne testa le potenzialità e le fragilità, e insedia i problemi e i sogni di quasi cinquemila abitanti nell’adattarsi reciproco dell’architettura e delle persone.