“Ho una sensazione: che l’architettura vada verso la materialità e che la virtualità non possa durare”

A metà degli anni ‘80 compare sulla scena internazionale l’architettura portoghese: la “scuola di Porto” unisce tre generazioni, Fernando Tavora, Alvaro Siza ed Eduardo Souto de Moura.
I loro progetti sono caratterizzati da segni spesso minimi, con disegni però dettagliatissimi, alla costante ricerca di un dialogo tra tradizione e innovazione.
“Nella loro apparente semplicità gli edifici di Souto de Moura hanno forti legami con il paesaggio, il sito, e la più ampia conoscenza della storia dell’’architettura.
Souto de Moura è un architetto affascinato dalla bellezza ed autenticità dei materiali; la sua conoscenza della costruzione è sempre visibile nei suoi progetti: ha una capacità vecchia di millenni nell’usare la pietra ed è allo stesso tempo in grado di trarre ispirazione dai raffinati ed essenziali dettagli di Mies van der Rohe.
L’architettura di Souto de Moura non è ovvia, frivola o pittoresca; è invece seria e intelligente; il suo lavoro richiede un rapporto intenso, non uno sguardo fugace: come la poesia comunica emozioni a chi ha il tempo di ascoltare.
Caratteri apparentemente configgenti – forza e delicatezza, energia e sottigliezza, pubblica autorità e senso di intimità – trovano nei suoi edifici una composizione rara.”
(Dalla motivazione della giuria per l’assegnazione del Pritzker Price 2011).