Quanti sono i rifugi e bivacchi delle Alpi? Ben più di un migliaio. O probabilmente ben più del doppio. Ma in realtà, che cos’è un rifugio alpino? Di getto, quasi tutti diremmo che è una struttura costruita per ospitare gli alpinisti occorre però intendersi circa la loro identità e, allargando il cerchio, occorre capire che cosa ognuno di noi intenda per alpinismo. Il termine ‘rifugio’ è una galassia che comprende sia i cosiddetti ‘punti d’appoggio’ a bassa quota e le strutture servite dal prospiciente e spazioso parcheggio auto, sia i manufatti incustoditi che ricevono la visita, quando va bene, d’una decina d’anime l’anno. Di questo e altro ancora si è parlato mercoledì 20 luglio dalle ore 21 nella cornice del Chiostro delle Vigne in occasione di Oltre il limite della notte: nuovi progetti per rifugi e bivacchi sulle Alpi, l’incontro a cura della Fondazione Ordine Architetti di Genova che ha inaugurato Manomissioni, il nuovo programma culturale di FOA.GE.

Moderati da Luca Gibello, direttore del Giornale dell’Architettura, Simone Gobbo dello Studio Demogo ed Enrico Giacopelli di GStudio Architetti condivideranno le reciproche esperienze nella realizzazione di opere in alta quota.

Un’occasione per raccontare le vicende che hanno portato alla costruzione dei rifugi, analizzando le motivazioni della committenza, le tecniche e i materiali edilizi, le figure dei progettisti, i valori simbolici e politici, gli immaginari collettivi, il tutto inquadrato all’interno degli accadimenti storici generali e delle evoluzioni sociali. Dal 1750 ai giorni nostri, dai prodromi dell’alpinismo ai modestissimi ripari degli eroici scalatori ottocenteschi, dal fenomeno dei rifugi-osservatorio a quello dei rifugi-albergo e ai baluardi militari, dall’alpinismo e dall’escursionismo di massa fino alle opere recenti che si fanno segno forte nel territorio e rompono con l’immagine della baita.

Una riflessione destinata non solo agli addetti ai lavori ma soprattutto agli appassionati della montagna, affinché cresca la consapevolezza di un patrimonio che tutti siamo chiamati a rispettare e valorizzare. Per capire che dietro le «pietre» dei rifugi vi sono le storie delle persone che li hanno immaginati e costruiti; operando, con ogni tipo di ristrettezza di mezzi, in ambienti estremi, sempre oltre i 2000-2500 metri di quota, laddove non arrivano strade e funivie e il cantiere è agibile solo nei mesi estivi, quando il meteo lo consente.